Il mondo è pieno di testimonianze che esprimono il
desiderio e il sogno dell’uomo di volare. L’esplorazione del cielo risiede
nella mente umana fin dai tempi più remoti.
L’uomo, sognando la libertà del volo, iniziò a pensare un
modo sicuro per poter tornare a terra senza troppe difficoltà. Si dovette
aspettare però il 1600, secolo in cui comparvero i primi prototipi di
paracadute nell’Europa rinascimentale.
Nel libro Machinae Novae di Faust Vrančić (Fausto Veranzio) pubblicato nel 1616 troviamo
un abbozzo di paracadute: L’homo volans. Il disegno raffigura un uomo legato a
un pezzo di tela rettangolare sorretto da quattro funi di uguale lunghezza.
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Homo volans, Machinae Novae, Venezia, 1616[*] |
Dopo aver esaminato gli schizzi grezzi di Leonardo da Vinci,
Veranzio si preoccupa di progettare il suo paracadute. A differenza del
prototipo presentato dallo scienziato toscano, che rimase solo una linea
abbozzata, quello di Faust Vrančić possedeva caratteristiche
simili a quello utilizzato ancora oggi.
Il suo, è stato definito il primo paracadute
funzionante della storia perché lo stesso inventore decise di collaudarlo,
voleva verificare il corretto funzionamento e la sua resistenza ma soprattutto
con questo callaudo voleva assicurarsi la paternità dell'invenzione.
Dopo aver costruito il suo progetto, nel 1617 a più di 65 anni di età, decise di testarlo saltando dal campanile di San Marco a Venezia, e tutto andò per il
verso giusto. Questo evento si pensa sia stato raccontato trenta anni dopo da
John Willikins nel suo libro “Matematica magia o, le meraviglie che possono essere eseguite dalla geometria meccanica“ ( Londra 1648), anche se l'autore non fa un
riferimento diretto a Veranzio.
Era considerato la parte più importante della creazione di un progetto prima di poter essere definito compiuto.
Riferimenti:
[*]Fonte immagine.
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